La constatazione della forte rilevanza, nelle società occidentali, di professioni ed interessi sociali connessi alle attività economiche rese possibili o potenziate dal progresso tecnologico pone in luce l’emergere di quelle premesse culturali e sociali che, prima ancora delle economiche, sono alla base dell’attuale enfasi sulla visione esperienziale-esistenziale.

Una prospettiva di indagine delle dinamiche innovative nel retailing è rappresentata dall’elezione dello store concept ad un rango strategico, per il tramite della concezione dello store come prodotto in senso stretto dell’impresa commerciale e la conseguente valorizzazione delle problematiche di design strategico.

1.      Concezione strategica dello store concept

Prima ancora di esaminare il fondamento dottrinale del punto vendita come componente assolutamente critico e decisivo del processo di acquisto e consumo da parte del cliente finale, giova sottolineare come, ancora una volta, la lezione esperienziale non è priva di interferenze con la visione accennata.

Anche tenendo conto della menzionata reazione competitiva della distribuzione alla possibilità per l’industria di impiegare la concezione esperienziale per ridurre/contrastare il potere di mercato del retail, l’experiential view non è estranea al progressivo emanciparsi del punto vendita – già unità del sistema di offerta più prossima e contigua al consumatore – da concezioni riduttive e comunque strumentali all’idea del bene-prodotto intermediato, per assurgere allo status di vero e proprio «prodotto», suscettibile di inedite strategie e politiche di marketing.

Nell’interazione tra retailer e cliente si consuma infatti l’acquisizione e contestuale fruizione del prodotto «shopping experience ».

Questa rilettura del ruolo e della natura del punto vendita fornisce nuove prospettive di osservazione della tensione tra brand loyalty e store loyalty, originariamente formulata con riguardo agli equilibri di potere tra industria e distribuzione all’interno del canale commerciale. Soprattutto, amplia il quadro delle analisi sull’innovazione distributiva e sul rapporto tra industria e distribuzione e, ancor di più, tra distribuzione e consumatore alla luce della multicanalità distributiva e delle possibilità offerte della tecnologia.

Sul piano concettuale, l’idea del punto vendita come prodotto, ossia oggetto organico e in sé compiuto proposto al consumatore per l’acquisto e il consumo, rappresenta lo stadio terminale di un percorso evolutivo che vede lo store affrancarsi da una condizione del tutto passiva, strumentale e marginale per aspirare ad una ben più attiva, dinamica e influente sulle concrete dinamiche di incontro della domanda e dell’offerta.

 2.      Store concept innovativi e tecnologie multimediali
2.1 Tra esperienza e modernità: alcuni esempi di nuovi concept nel non food

Le tendenze evolutive del retailing richiamate in precedenza pongono in luce processi di ridefinizione sia delle strategie del distributore nella costruzione della propria immagine di insegna e di store, sia nelle concrete azioni di marketing in e out store.

In particolare, con riguardo al punto vendita, la più accurata progettazione di spazi e forme e l’intensificazione della comunicazione anche non testuale sembrano essere priorità manageriali rilevanti per il prossimo futuro.

È sulla base di questi assunti concettuali che il panorama distributivo sembra accentuare la propria attenzione verso le nuove tecnologie comunicative e la caratterizzazione in senso modernista degli ambienti di vendita.

 2.2 Il ruolo della multimedialità nello store concept

Una delle manifestazioni dei più moderni approcci alla definizione degli ambienti di vendita è il ricorso alle nuove tecnologie multimediali sia come strumenti di comunicazione sia come veri e propri componenti dello store.

Molte, se non tutte, le fasi del retail – dall’approvvigionamento dei prodotti fino alla fidelizzazione dei clienti, passando attraverso i processi di gestione, organizzazione e comunicazione del punto vendita e dei prodotti in assortimento – sono sempre più interessate dall’IT; anche l’ambientazione e la comunicazione innovativa possono ricevere contributi dalle tecnologie digitali.

Queste consentono di cambiare il modo di operare e, soprattutto, quello di comunicare: ad esempio, la gestione centralizzata dei prezzi visualizzabili su display LCD permette politiche di differenziazione in base al giorno o in funzione delle diverse fasce orarie. In questa sede, per device tecnologico intendiamo, in senso ampio, ogni moderno impianto impianto multimediale e attrezzatura in grado di contribuire alla comunicazione al frequentatore del punto vendita attraverso effetti apprezzabili sul piano sensoriale (vista, udito, olfatto, tatto) e cambiamenti del proprio stato più o meno direttamente influenzabili dal comportamento del cliente stesso nell’ambiente di vendita (strumenti digitali di comunicazione testuale, grafica e sonora, impianti di illuminazione, superfici mutevoli ecc.).

In concreto, il ricorso alle tecnologie avanzate e dei new media nello store per il suo design e la comunicazione innovativa si traduce nell’utilizzo di ambienti olfattivi, display al plasma di grandi dimensioni, sistemi di proiezione su cortine d’aria o d’acqua, fog screen e water screen, sistemi di diffusione sonora localizzati, hypersound system applicati sulle vetrine, whispering windows ecc.

Tali soluzioni sono controllate e integrate fra di loro per via informatica e il progresso tecnologico contribuirà a fornire soluzioni in grado di stimolare ulteriormente i sensi e le altre fonti della percezione umana, che è alla base della comunicazione e dell’esperienza. La crescente visualizzazione delle logiche di ambientazione e merchandising del punto vendita è dimostrata dal graduale passaggio dalle radio in store alle TV in store, accessibili anche all’uso da parte del pubblico.

Neanche il senso dell’olfatto può essere dimenticato, essendo molto diretto e capace di fornire informazioni indelebili all’umana cognizione, interagendo strettamente con vista ed udito. I device tecnologici e multimediali sono caratterizzati dalla grande capacità di esporre in forma digitale ogni forma di comunicazione – testo, dati, immagini, suoni – di interrelarsi con i mezzi di comunicazione tradizionali (computer, telefonia, TV, editoria cartacea) integrandoli in un quadro unitario e di offrire un livello di interattività inedito, consistente nella possibilità di rispondere in modo rapido e differenziato al messaggio trasmesso da una fonte comunicativa prossima o remota. Essi, pertanto, qualificano un tentativo più di convergenza di significati – cioè come tensione verso una comprensione reciproca – che di mera trasmissione di contenuto, favorendo l’esaltazione delle possibilità comunicativa in ogni loro dimensione (ipermedialità).

L’uso delle nuove tecnologie contribuisce all’esaltazione della valenza simbolica dell’assortimento veicolato e, ancora di più, delle caratteristiche estetico-architettoniche dell’interno dello store, con cui l’insegna tenta di «spostare a valle» del canale l’esperienza d’acquisto e consumo significativa per il consumatore, proponendosi come experience provider in grado di contendere il ruolo all’industria. Si offre così un’interazione nello store non più soltanto tra persone o tra persone e prodotti-bene in assortimento, ma anche tra le persone e il punto vendita come prodotto compiuto e fondamentale elemento della relazione con il distributore.

Lo store subisce processi di qualificazione e caratterizzazione concettuale idonei a segnalarne il contenuto simbolico, la «capacità socializzante» e i caratteri evocativi ed emozionali, in modo da influenzare positivamente le sensazioni e l’attenzione del cliente. Questi non ricerca sempre l’ottimizzazione del rapporto qualità-prezzo, né la massima convenienza di prezzo né una shopping expedition rapida e funzionale ad esigenze di acquisto strettamente definite ex ante: in specie, il prezzo può essere considerato non come «vincolo» da rispettare per entrare in possesso di un bene finalizzato a soddisfare un certo bisogno, bensì quale «riconoscimento» della presenza di opportunità di soddisfazione dei propri bisogni.

Giova precisare che l’esaltazione della multimedialità e della modernità tecnologica (in termini di materiali, strumenti di comunicazione e idee estetiche) nell’ambito dello store concept:
  • non significa necessariamente ricerca di grandissime dimensioni espositive, adozione di politiche di differenziazione dell’assortimento (premium price) o impostazioni orientate all’idea di shopping come occasione ricreativa, edonistica e di entertainment. Intendere la progettazione esperienziale del punto vendita in termini di enfasi obbligata sull’irrazionalità del cliente appare riduttivo, strumentalizzante e fuorviante, essendo invece prioritario ricercare un coinvolgimento emozionale (che supera la semplice emotività ed implica la più ampia stimolazione della sfera percettiva, affettiva e ideale del visitatore) da declinare nelle forme più opportune, tendendo conto dei target e della coerenza con le diverse dimensioni logiche dello store (assortimento, posizionamento di prezzo, promozioni price e non price, immagine d’insegna ecc.)
  • è una prospettiva perseguibile in ogni settore del commercio. Storicamente, essa origina dall’esperienza delle più grandi catene multinazionali come Wal-Mart e sta trovando progressiva affermazione in comparti ritenuti ad elevata intensità simbolica ed immateriale, come il fashion o più in generale i beni di lusso. Nondimeno, non mancano esperienze e interessamenti nel settore dei beni durevoli in generale (come abbigliamento, elettronica di consumo, giocattoli, automobili, complementi per l’arredo) e nello stesso settore food e del largo consumo.

Nell’approccio esperienziale al punto vendita, sono importanti la polisensorialità e la fruizione sinestetica del negozio, aspetti che permettono da un lato di ribadire i valori della marca senza rappresentarli né tantomeno ripeterli verbalmente e dall’altro producono un’intensificazione del messaggio che agevola la memorizzazione.

Rilevante è pure il ritorno immediato di informazione reso possibile soprattutto dall’interattività. Queste condizioni sono ben supportate ed enfatizzate dalla multimedialità, che offre bi direzionalità della interazione, qualità ed efficacia delle interazioni con il cliente e un’ampia varietà di strumenti di rappresentazione rispetto ai sensi umani. La multimedialità può rappresentare, dunque, un valido strumento per politiche di customer relationship management e di one to one marketing, nonché per inedite collaborazioni di canale, in quanto:

  • crea un’ambientazione virtuale integrata, se non parallela ed assorbente, rispetto all’ambientazione fisica, con un controllo in tempo reale almeno dei messaggi veicolati dal retailer;
  • agevola il tentativo di abilitare l’interazione, stimolare la personalizzazione e favorire esperienze significative;
  • permette anche la rilevazione interattiva e tempestiva delle abitudini e dei desideri dei clienti, donde la possibilità di richiamare l’interesse dei produttori industriali.

Va però chiarito che la multimedialità non può essere l’unico versante di innovazione dello store design in ottica strategica ed esperienziale, non garantisce alcun automatismo in ordine alla coerenza (mapping o fit) tra concept di punto vendita, propensioni del cliente e valorizzazione di marche/assortimento e può non essere priva di effetti controproducenti.

Infatti, sussiste sempre il rischio di comunicare valori che non corrispondono alle intenzioni dell’insegna o alle valenze delle marche da esaltare. I supporti di comunicazione hanno tempi di sedimentazione diversi nel vissuto e nell’immaginario del pubblico e, poiché medium comunica innanzitutto se stesso e solo in secondo luogo i contenuti veicolati, è possibile che i visitatori provino esperienze negative o estranianti e si trasformino in «free rider» che ripagano, con la stessa moneta virtuale, i loro fornitori di esperienze di consumo.

Per queste ragioni, l’uso di multimedia device nello store richiede pur sempre una progettazione adeguata. Questa dovrebbe proporsi che le tecnologie non sortiscano un effetto invasivo, si inseriscano nel più ampio quadro di una determinata strategia di design del punto vendita tramite raccordi – in termini di contiguità o contrapposizioni – con altri aspetti dell’ambiente (come materiali, forme architettoniche, luci, abbigliamento del personale ecc.) e supportino azioni, processi e attività nello store individuate e analizzate dal punto di vista dell’user, del cliente.

3.      Il flagship store Manhattan Epicentre di Prada 

Il sistema della moda presenta spesso concept di vendita con investimenti incentrati sull’impiego di nuove tecnologie e di device multimediali, che consentono al retailer ora di «teatralizzare» l’assortimento veicolato, ora di stabilire un’interazione attiva con il visitatore.

Un interessante esempio di flagship store orientato all’interazione e all’esperienza del visitatore è il PRADA Manhattan Epicentre.

L’identità del marchio Prada si fonda sulla riconoscibilità di uno stile contemporaneo e distintivo, su un’estetica minimalista e sull’innovazione di prodotto. Al posizionamento attuale del marchio hanno contribuito in maniera rilevante la superiorità qualitativa dei prodotti, il prestigio di un marchio storico e l’accurata pianificazione di strategie di marketing focalizzate sulla comunicazione e sulla distribuzione. Alla luce di tali considerazioni, anche Prada, nell’evoluzione delle strategie distributive, ha seguito il percorso che porta oggi a focalizzare l’attenzione sull’apertura di flagship store a forte contenuto tematico o concettuale.

All’interno del flagship store, i manichini occupano gli stessi spazi calpestabili dai visitatori e si mescolano con loro, in modo da sollecitare sensazione di accessibilità, piena disponibilità del retailer e immedesimazione del cliente nell’ambiente di vendita.

I prodotti rientrano nella gestione dello spazio e non vengono solamente esposti, ma contribuiscono alla definizione dei luoghi e dei percorsi, sì da favorire il contatto tra il visitatore ed i prodotti stessi.

Lo spazio è stato progettato per risultare di alto impatto estetico e spettacolare, con un’architettura ardita e con l’obiettivo di modernizzare l’immagine di Prada, legando la marca ai concetti di sfida e sperimentazione. Al fine di raggiungere tale obiettivo di comunicazione, all’interno di tale struttura vengono utilizzate diverse applicazioni:

  • applicazioni di relazione o service device (customer cards, staff device, i-label,dressing rooms interattive), funzionali al supporto delle relazioni reali fra lo staff ed i visitatori;
  • applicazioni di comunicazione o multimedia device (ubiquitous screen, triptych, touch screen, sezione personalizzata del sito web Prada), funzionali al supporto delle relazioni virtuali fra la marca e i visitatori.

Tra le prime tipologie di applicazioni, giova richiamare l’importanza della customer card, che rende possibile l’interazione wireless con gli altri dispositivi presenti nel punto vendita, come le staff device, consente di leggere dal database centrale tutta una serie di informazioni relative ai clienti, riporta un codice numerico che consente l’accesso ad una sezione personalizzata del sito web e permette, all’uscita, di assolvere alle formalità in modo più rapido.

Ancora, l’etichetta interattiva consente di seguire i prodotti nell’arco della loro vita e dei vari spostamenti, funge da certificato di autenticità, è programmata come dispositivo di sicurezza e sostituisce la ricevuta.

La dressing room interattiva consiste, invece, in un ambiente di 2 mq con pareti in vetro che passano da trasparente a traslucido quando la stanza è occupata, all’interno del quale il cliente può cambiare il colore e l’intensità della luce per poter osservare i capi scelti in differenti atmosfere.

Infine, sono presenti scanner wireless e monitor touch screen, nonché il magic monitor in alternativa al tradizionale specchio. Tra i multimedia device, figurano i touch screen che funzionano attraverso un sensore a infrarossi in grado di rilevare la posizione della mano dell’utente e di interpretare, sulla base di questa, le sue scelte.

Casi come i Prada Epicentre di New York e Tokyo offrono scenari davvero speciali, dove la tecnologia digitale svolge un ruolo primario nel rapporto con il visitatore. Assistenti personali in forma di computer palmari, specchi simili a grandi schermi al plasma, touch screen e molteplici altri sistemi hi-tech perfettamente integrati con il sistema classico del punto vendita guidano il cliente/spettatore all’interno di un’esperienza multisensoriale. 

Fonte: Il Convegno Annuale della Società Italiana Marketing «TENDENZE EVOLUTIVE DEL MARKETING DEI SERVIZI»