Fonte La Repubblica Stando all’Online trends 2011, ricerca del Centre for Retail Research di Nottingham, il commercio elettronico in Italia avrebbe superato quota 10.25 miliardi di euro. Quarto mercato in Europa dopo Inghilterra, Germania e Francia. Ma sono cifre che stridono con quelle del politecnico di Milano: “Cresce sì, ma…”

UN BOOM, anzi un’esplosione fragorosa. Di quelle così forti da lasciare un segno profondo. Stando all’Online trends 2011 infatti, ricerca del Centre for Retail Research di Nottingham, il commercio elettronico in Italia avrebbe superato quota 10.25 miliardi di euro. Grazie a una crescita annua del 25 per cento, in teoria ha quindi superato gli introiti del mercato televisivo, per non parlare di quelli del cinema, dell’editoria o dei videogame.Insomma nel 2010, malgrado la crisi e il clima pesante in fatto di consumi, qui da noi gli acquirenti online hanno speso sul Web ben 1173 euro a testa, più della media europea ferma a 1072. Con 27 articoli procapite, compriamo più cose noi in Rete dei tedeschi (che però spendono di più nel complesso) subito alle spalle dei danesi che arrivano a 30.

Non solo, siamo anche il quarto mercato europeo in fatto di e-commerce, alle spalle della solita Inghilterra (52,1 miliardi), della Germania (39,2 miliardi)  e della Francia (31,2 miliardi).  “Prevediamo che le vendite online continueranno a crescere molto negli anni a venire”, racconta Pierpaolo Zollo, Country Manager di Kelkoo, che ha commissionato la ricerca. Capace di comparare 44 milioni di offerte da più di 10 mila negozi online, Kelkoo è uno di quei punti di riferimento usati quando si cerca il prezzo più vantaggioso fra i tanti annunci della Rete. Punto di riferimento adoperato, nel caso specifico, da 10 milioni di utenti unici al mese. Gente quindi radicata nell’e-commerce e che ora sostiene che entro il 2012 l’Italia arriverà a 12.29 miliardi di euro, con una crescita del 20 per cento contro la media del 18 del resto d’Europa. Miracolo.

Peccato che i dati di Kelkoo e del Centre for Retail Research di Nottingham siano in  forte contrasto con quelli forniti dal Politecnico di Milano, che da anni controlla questo settore per conto della Netcomm, il consorzio delle aziende che vendono in Rete cose o servizi. Ai tempi dello sbarco qui da noi di Amazon, novembre scorso, il Politecnico comunicò come ogni anno i numeri dell’e-commerce nostrano, con il suo giro d’affari da sei miliardi e mezzo di euro e non 10 a fronte di Paesi che veleggiano sui 34 come l’Inghilterra, i 26 miliardi della Germania, i 14 della Francia. Appena il 12 per cento della popolazione italiana, secondo il Politecnico, ha acquistato qualcosa in Rete contro il 64 per cento dei danesi, il 66 degli inglesi e il 42 della media europea.

Dalla ricerca di Kelkoo – ha commentato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – Consorzio del Commercio elettronico Italiano  – emerge che gli italiani comprano online il 32 per cento in più di tedeschi e svedesi. Gli inglesi poi che comprano online il doppio rispetto ai nostri connazionali, secondo questa analisi comprerebbero solo il 29 per cento in più. Questi dati non corrispondono alle stime che noi rileviamo da anni e neppure a quelle internazionali di Forrester e di altri Istituti di ricerca. Quanto al fatturato complessivo dell’eCommerce, le stime non quadrano neppure rispetto ai dati che rileviamo con il Politecnico di Milano per l’Italia e sono nettamente sovrastimate anche quelle degli altri Paesi Europei. Ci chiediamo quindi quale sia la base metodologica e invitiamo Kelkoo a collaborare con le nostre analisi in modo da condividere una metodologia univoca, unendosi a noi nelle ricerche che facciamo su  questo settore da oltre 10 anni, praticamente dalla sua nascita nel nostro Paese“.

Insomma: differenze troppo nette perché siano vere entrambe le versioni, e su questo Liscia ha ragione. Quasi al Centre for Retail Research di Nottingham da un lato, al Politecnico di Milano e alla Forrester dall’altro avessero preso in esame due Paesi completamente diversi. O la stessa nazione ma con intenti completamente differenti.