Fonte espresso.repubblica.it – Non è facile, ma qualcuno ci riesce anche da noi: i social network all’italiana non mancano e i piccoli Mark Zuckerberg nostrani crescono. Peccato che qui per mettere in piedi un’impresa Web non basti un’idea vincente: bisogna combattere la burocrazia, la difficoltà di reperire finanziamenti e l’assenza totale di supporto pubblico.

Nonostante gli ostacoli, però, anche in Italia emergono startup di valore a caccia di un loro spazio nel Social Web, sia locale sia globale.

Da Bologna, ad esempio, è partita pochi mesi fa l’avventura di Spreaker, il sito sociale che permette a ogni utente di creare la propria stazione radio con programmi, palinsesto e musica.

Ogni mese vengono pubblicati 30 mila contributi sulle circa 65 mila radio ideate dagli utenti, destinate alle più diverse nicchie di appassionati: “Nelle stazioni tradizionali inevitabilmente non c’è spazio per soddisfare gli interessi di tutti”, spiega Francesco Baschieri, il fondatore: “Abbiamo 200 mila ascoltatori al mese, segno che la nostra idea piace”. Gli utenti sono in gran parte italiani, ma Baschieri e la sua squadra di under 35, che hanno ottenuto 300 mila euro di finanziamenti dagli investitori della rete Iag (Italian Angels for Growth), puntano al mercato mondiale e hanno già aperto un piccolo ufficio in California: “Abbiamo capito subito che dovevamo andare in Silicon Valley per crearci un network e allargare il nostro pubblico: negli Stati Uniti la burocrazia è dieci volte più snella e la rete di contatti non ha paragoni.

In Italia non c’è un sistema dell’innovazione. Così abbiamo deciso di adottare il modello “testa nella Silicon Valley e braccia in Italia”, mantenendo lo sviluppo del prodotto a Bologna ma portando la direzione in California”.

Anche la storia della milanese MobNotes parte dall’Italia e passa dalla Silicon Valley. Si tratta di un social network georeferenziato che permette di lasciare dei post-it digitali nei luoghi visitati. MobNotes inizia come un progetto parallelo nel 2008, grazie a una squadra di tre persone. Sempre nello stesso anno l’idea viene presentata in California al concorso TechCrunch 50. “Nei prossimi mesi”, spiega Gino Micacchi, cofondatore di MobNotes e un passato in Splinder, “rilasceremo delle applicazioni per community verticali con Rai e con Mtv”, mentre il 30 per cento dell’azienda dovrebbe essere acquisito dal gruppo Brainspark (compagnia di investimenti quotata a Londra) per 600 mila euro: il che dovrebbe permettere al social network di raddoppiare la propria base di utenti, che oggi conta 150 mila iscritti.

Sempre a Milano è nata Fubles, la startup per “trovare il quinto a calcetto”. Il progetto parte da Vito Zongoli, instancabile organizzatore di partite del Politecnico, che ha costruito un programma Web per gestire le convocazioni ed evitare le assenze dell’ultimo minuto.

Una curiosità: il team di sviluppo si è incontrato proprio su un campo di calcetto e in sei mesi ha realizzato la prima versione del sito. Oggi Fubles conta tre dipendenti full time e 25 mila utenti in Italia: sta provando a espandersi in Spagna e Stati Uniti, anche grazie a un finanziamento di 300 mila euro da parte della Pino Partecipazioni (la società di investimento presieduta da Elserino Piol). “A chi usa il nostro sito ormai forniamo un servizio completo”, spiega Mirko Trasciatti, Ceo di Fubles con un passato in Buongiorno.it: “Chi vuole giocare trova i campetti, le partite in cui serve un calciatore e può conoscere altri appassionati come lui”.

Per guadagnare, Fubles punta sugli accordi con le strutture sportive, che versano una parte dei guadagni per le partire organizzate dal sito o acquistano il software gestionale per integrarsi con il social network e snellire la procedura di prenotazione dei campetti. Anche per Fubles prima dei finanziamenti c’è stato però un limbo fatto di lavoro gratuito, investitori poco reattivi, tempo e soldi persi: “Siamo andati a cercare dei finanziamenti quando il prodotto era appena finito”, dice Trasciatti, “ma per più di un anno siamo dovuti andare avanti da soli e con doppi lavori. Inutili poi i bandi dei ministeri e in generale quelli pubblici, i cui responsabili hanno scarsa competenza e tempi lunghissimi per l’erogazione dei finanziamenti. Per una società Web invece il tempo è fondamentale, non si possono aspettare anni.