Quali sono i problemi della responsabilità e della sicurezza che sussistono intorno al tema del “wifi libero”? Che utilità reale ha per la sicurezza nazionale la normativa inserita nell’articolo 7 del decreto Pisanu? Come si coniugano privacy, responsabilità dell’uso della rete e diritti/doveri di cittadinanza?

Su questi temi si è articolato l’incontro tematico “Dal Wifi libero alla cittadinanza digitale” organizzato il 27 novembre dal Laboratorio dell’Innovazione nell’ambito dell “Internet Governance Forum Italia” con la partecipazione di esperti ICT, esperti della comunicazione, ed esponenti politici. Dopo aver promosso il Manifesto per la Cittadinanza Digitale, il Laboratorio dell’Innovazione ha infatti promosso nei mesi precedenti una campagna per l’abrogazione del decreto Pisanu.

I temi dell’incontro si inseriscono nella discussione oggi in corso in Italia sul “wifi libero”, con la consapevolezza della sua stretta correlazione sia con il tema della regolamentazione e della responsabilità sulla rete sia, in generale, con le scelte strategiche che i Paesi devono assumere sul tema dell’accesso alla rete, dell’utilizzo di Internet e, in modo più ampio, della cittadinanza digitale.

Grazie anche alla presenza di parlamentari (on. Lanzillotta, sen.Vita), esperti di diritto (Guido Scorza) e di comunicazione e media (Carlo Infante, Carlo Maria Medaglia), la discussione ha coperto i diversi aspetti tecnici e politici del tema. Vediamo in che termini.

Lanzillotta ha fatto il punto sullo stato attuale della proposta di legge di abrogazione dell’art. 7 del decreto Pisanu, a firma sua, Gentiloni, Barbareschi, che è in attesa di via libera per la discussione parlamentare, e sull’iter complessivo dell’abrogazione, che vede nodi critici sia nella presenza di più proposte di legge non sempre collimanti, sia nella mancanza ancora di atti concreti da parte del governo a valle della decisione presa al CdM di non prorogare il decreto.

In particolare, anche per le dichiarazioni del ministro Maroni al question time che ha preceduto il CdM, l’impressione è che dal governo si voglia da un lato comunicare un’apertura al tema della rete ma dall’altro, sostanzialmente, sostituire un tipo di riconoscimento (con carta d’identità) con un altro (con Sim), con la conseguenza di passare da un mezzo di certificazione pubblico ad uno privato e di rendere ancora più difficile l’accesso ai turisti (che dovrebbero acquistare una Sim ad hoc) oltre che ai cittadini italiani (obbligati a possedere un cellulare come equivalente della carta d’identità).

Una delle motivazioni possibili dietro questa sostanziale tendenza all’immobilismo può essere la difficile trattazione del tema della sicurezza sulla rete. Difficile non solo per il contesto italiano, ma soprattutto in termini tecnici, su cui la classe politica sembra in gran parte poco competente.

Scorza ha puntualizzato che il tema vero è come assicurare il corretto bilanciamento tra esigenze di sicurezza e diritti di cittadinanza, opportunità di sviluppo della rete, allineamento alla regolamentazione dei Paesi evoluti.

Più interventi hanno sottolineato come il mantenimento di norme non necessarie alle esigenze di sicurezza danneggi lo sviluppo della rete e allontani l’Italia dalla possibilità di evoluzione anche culturale. Per sbloccare la situazione legislativa ed evitare che si proceda ad un cambiamento non sostanziale su queste norme, è però necessario confutare la tesi che le considera comunque utili per la sicurezza.

Più interventi hanno sottolineato come il mantenimento di norme non necessarie alle esigenze di sicurezza danneggi lo sviluppo della rete e allontani l’Italia dalla possibilità di evoluzione anche culturale. Per sbloccare la situazione legislativa ed evitare che si proceda ad un cambiamento non sostanziale su queste norme, è però necessario confutare la tesi che le considera comunque utili per la sicurezza.

Su questo punto tutti gli interventi hanno concordato sul fatto che le norme in questione sono facilmente eludibili/aggirabili da chi ha interessi illegali, anche solo attraverso meccanismi tecnici di ampia diffusione oltre che con la non difficile disponibilità di Sim rubate, e che pertanto l’efficacia degli interventi della polizia postale non ne ha alcun beneficio. Di contro, è sotto gli occhi di tutti il danno che questa burocrazia porta allo sviluppo dell’acceso alla rete, oltre che alla privacy dei cittadini.

Una riflessione comune è stata che l’insufficiente competenza della classe politica sui temi dell’innovazione è un ostacolo al discrimine tra norme necessarie e norme inutili, spingendo al sostanziale immobilismo. Ed è anche questa la ragione per cui le scelte governative tendono più ad un accreditamento propagandistico che ad un approccio concreto e sistemico al tema dello sviluppo della rete.

Che fare?
Lanzillotta e Vita concordano con gli intervenuti che non è utile oggi avviarsi verso un compromesso che lascerebbe le cose sostanzialmente come stanno adesso. Occorre, però, rendere chiaro e inconfutabile il concetto che queste norme sono inutili all’obiettivo di salvaguardia della sicurezza e che il loro mantenimento non ha, di conseguenza, nessuna motivazione “tecnica”.

Infante ha sottolineato come questa sia una battaglia necessaria (il wifi è un mezzo per “illuminare il territorio”), ma comunque di retroguardia. Contemporaneamente è necessario avviare iniziative che stimolino alla cittadinanza attiva, a partire dal territorio, come mostrano le esperienze di Libera e Urban Experience.

Si è concordato in conclusione di:

  • Ribadire con chiarezza e con una campagna informativa perché la valutazione sull’art.7 del decreto Pisanu è negativa non solo come danno allo sviluppo della rete ma anche come inutile normativa rispetto al tema della sicurezza. L’ipotesi di “compromesso” oggi accreditata dopo le dichiarazioni del ministro competente in materia è in realtà soltanto l’esplicitazione di una circolare già vigente e quindi un “non cambiamento”. L’idea è di enunciare 5-7 punti non confutabili.
  • Sottolineare come comunque anche questa sia una battaglia di retroguardia, perché l’attenzione vera deve essere spostata sulle opportunità della rete, sulle forme di interazione e di crescita possibili in termini di cittadinanza attiva e di sviluppo del territorio.

La convinzione comune è che da questo tema, quasi simbolico, sia possibile avviare la costruzione di una nuova politica dell’innovazione nel nostro Paese, in qualche modo obbligando la classe politica, trasversalmente, a confrontarsi in modo concreto con le nuove esigenze di cittadinanza legate all’utilizzo della rete, non potendole più trattare come “richieste di nicchia”.