È di pochi giorni fa la notizia che a Torino la Regione ha liberato il wi-fi aprendo dei nuovi hotspot a completa disposizione dei cittadini. Verrebbe da dire: come in tante altre parti d’Italia. E invece stavolta davvero la decisione fa notizia.



Fa notizia perché, a differenza di altri casi in cui sono stati predisposti portali attraverso i quali accedere ai servizi digitali, nel capoluogo piemontese si è deciso di non costringere gli utenti ad una registrazione: si individua l’hotspot, ci si connette, si naviga a costo zero.

I pro sono evidenti:

1. semplificazione delle procedure di accesso alla rete;
2. eliminazione dell’obbligo di registrazione;
3. sfruttamento da parte della regione degli edifici storici – già di sua proprietà – per l’espansione della rete wireless, allo scopo di assicurare in futuro una presenza capillare sul territorio.

E ancora, come già sottolineato dall’Europa in sede parlamentare, una grande attenzione alla cittadinanza digitale, inclusa tra i diritti fondamentali della persona per la sua capacità di dare vita a scambi e conoscenze tra gli individui impensabili fino a poco tempo fa.



Dove sta allora l’intoppo?

Tra tutti questi pro c’è un contro che vale la pena sottolineare: l’assoluta libertà di navigazione è un concetto che funziona bene se si presuppone un uso corretto dello strumento da parte degli utenti ma, in presenza di malintenzionati, basta poco per trasformare il vantaggio iniziale in una debolezza sistematica.

Libertà, infatti, significa anche anonimato, quindi un controllo più elastico su chi accede a cosa.



I sistemi di accesso al wi-fi privati tendenzialmente hanno delle piccole restrizioni (Bisogna effettuare un login con username e password e spesso i dati viaggiano tramite cellulare) ma che servono tuttavia a certificare la sicurezza dello spazio virtuale, sia per chi lo naviga sia per chi lo gestisce.

Pensiamo ai rischi che il proprietario di un bar potrebbe correre se qualcuno sfruttando la connessione libera all’interno del suo locale diffondesse in rete materiali proibiti per legge: senza un sistema di controllo capace di risalire ad un utente specifico su chi ricadrebbe la colpa dell’illecito? E come potrebbero le forze dell’ordine prendere i giusti provvedimenti bloccando tempestivamente la persona giusta?



In questa sede non si vuole tanto decidere se Torino abbia fatto bene o meno ma piuttosto mettere in evidenza una doppia possibilità di apertura ad Internet. Perché è vero, rilasciare i propri dati a volte può essere una seccatura ma nella peggiore delle ipotesi può salvare utenti e gestori sollevandoli da responsabilità anche gravi che possono derivare da una condotta scorretta in rete.

La cittadinanza digitale è un diritto che comporta anche dei doveri: dal lato dell’utente non utilizzare il mezzo in modo improprio e dal lato dell’esercente garantire la giusta sicurezza a chi si appresta ad appoggiarsi ad una connessione pubblica.



Fonte: www.macitynet.it, www.iphoneitalia.com