Perché mettere un freno ai desideri? Oggi lo shopping non conosce più barriere di orari di apertura o luoghi. E il matrimonio con internet va sempre meglio. Undici anni fa, mentre una trentenne di origini californiane abbandonava il suo posto da fashion editor al “Tatler” per lanciare un e-magazine di moda su cui si potessero anche fare acquisti, un trentenne ravennate reduce da un MBA alla Columbia e piuttosto al verde lasciava perdere l’idea di fare business con le mozzarelle di gnu (sic) per scribacchiare i primi appunti di un progetto che unisse la sua passione per il retail e il design. Undici anni fa mentre a Madison, Wisconsin, si inaugurava uno store come tanti, in Italia a due passi da Ponte Vecchio la boutique più griffata in città inaugurava il suo doppio su internet. Era il 1999.

E Natalie Massenet (con Net-à-porter), Federico Marchetti (con Yoox), Shopbop e Luisa Via Roma davano inizio a quattro storie parallele ma convergenti: intrecciate in una rete che ha pescato fatturati billionari nel settore tra i più consumistici, ma che sembrava tra i più sonnacchiosi e impermeabili agli acquisti degli scettici navigatori di un millennio fa.

Ieri l’e-commerce pareva un azzardo, oggi, se ancora rappresenta una fetta minore di un mercato dominato dalla vendita di computer e macchine digitali, sta registrando la maggior percentuale di crescita. Comincia a prender piede l’e-commerce di arredamento design (siti come l’italiano Skitsch.it o il londinese Twentytwentyone.com), ma la moda è in testa: più 45 per cento nel 2009, e per qualcuno perfino di più: “al 31 marzo 2010, abbiamo registrato ricavi netti pari a 50,3 milioni di euro in crescita del 43,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009” dice Federico Marchetti, fondatore di Yoox Group, 2 negozi Multi-Marca  (yoox.com e thecorner.com), 20 Mono-Marca (tra i”powered by Yoox Group”, i negozi on line di Valentino, Emporio Armani o Marni) e dove si fa un acquisto ogni 27 secondi.  La crisi? “non ne abbiamo risentito neanche in periodi difficili come il 2001 o la fine del 2008”

Un bel risultato per quel trentenne che voleva fare il “traghettatore”; “mi prefiggevo di creare un Caronte della moda, un progetto ambizioso nel 2000: internet in Italia non era ancora così diffuso, ma capivo che era un treno ad altissima velocità, sentivo che la moda si sarebbe innamorata della rete e che avrebbe avuto bisogno di una trade union”.

Tradotta i numeri questa Trade Union, che quest’anno festeggia i dieci anni di attività, veicola merce in tre continenti e su 67 paesi, con 8,8 milioni di visitatori al mese. Lo scorso dicembre ha debuttato in Borsa.

Un colpo di fulmine tra moda ed e-commerce è avvenuto anche sull’Arno: Luisa ViaRoma.com, nel 2009 ha fatturato oltre 15 milioni di Euro a colpi di scontrini virtuali da 400-500 euro l’uno.

Qui banditi i capi in stock, la clientela di lusso cresce per anagrafe e censo ed è molto esigente.”Il sito ha un milione di visitatori al mese” dice il titolare Andrea Panconesi: “solo nell’ultimo anno abbiamo quadruplicato il traffico”. Anche in  sede cerchiamo di informatizzare i clienti, mettendo a loro disposizione computer con schermi touch screen per controllare se il capo che cercano è disponibile in magazzino e in quali colori e taglie”.

Già svezzate le clienti di Net-à-Porter, il principale competitor d’Oltremanica: fanno solo acquisti on line. Creata nel giugno 2000, due sedi (Londra e Manhattan), 500 dipendenti, 7 mila acquisti spediti in 170 paesi e 2 milioni di visitatori al mese, la creatura di Natalie Massenet è un colosso.

Il successo è dovuto non solo al contenuto (vi si acquistano capi di oltre 300 super-designer, poi proposti scontati su TheOutnet.com), costola di Net-à-Porter on line da aprile 2009), al marketing o alle astute collaborazioni (le Barbie firmate Louboutin), anche grazie a grafica, agile navigazione e applicazioni per iPhone.Perché oggi per crescere si punta sulla generazione Facebook, il passaparola su Twitter, i nuovi software (Surface, proposto da Microsoft a misura di buyer). Soprattutto i blogger, cui gli stilisti ora riservano posti in prima fila (Bryanboy è  presenza fissa con Anne Wintour alle sfilate).

Secondo Leon Baily-Green, guru dell’e-marketing e fondatore dell’Online Fahion Agency, “un impresa di e-fashion ora deve investire nel social networking, più che nel marketing e nella pubblicità”. Il che si traduce nell’appoggiarsi ai “diaristi” on line, moltiplicando così contenuti preziosi, meglio ancora se video, ai fini dell’indicizzazione in un motore di ricerca.

Shopbop, comprata da Amazon nel 2006, si serve di Planet Propaganda per produrre corti d’autore interattivi, al termine dei quali si acquistano i capi visti sule attrici. Tobi.com, fondato nel 2006 da Catherine Chow e Corina Nurimba, va oltre: “comprare su internet ha molti vantaggi; non ci sono orari di chiusura, eviti le code, risparmi tempo e denaro” dice Catherine Chow da San Francisco: “però manca la “shopping experience”, fondamentale. Per questo abbiamo introdotto l’augmented reality, così che ognuno possa testare su di sé vari look e postarli su facebbo per chiedere agli amici “Come mi sta?”. “La tecnologia è pronta per lo shopping”, dice Marchetti. E vice-versa: sir Philip Green, che con Arcadia possiede Topshop, Selfridges e Burton, ha mostrato le pre-collezioni non a giornalisti, ma a blogger specializzati.

Fresca di debutto italiano è Whishpot.com, social commerce platform di Seattle (1,5 milioni di accessi al mese e utenti duplicati dal 2008 al 2010), che introduce il concetto di social shopping: il sito è un pozzo dei desideri in cui catalogare oggetti e vestiti da acquistare, o farseli regalare, pubblicarli in liste da mostrare agli amici via Facebook. La filosofia mette al centro il retail e dice: guardatemi, io sono la lista dei desideri. Anche Yoox e Luisa Via Roma corteggiano gli under 30: il primo con e-commerce su iPhone e sfilate interattive, il secondo con concorsi per aspiranti Sartorialist. Strategico: perché oggi una giovane smanettona non può permettersi un Balmain … Ma domani, cosi fidelizzata, chissà.