E così il 5 Novembre  è stato il grande giorno per Facebook Places: a pochi mesi dal lancio, e a pochi giorni dall’introduzione di Facebook Deals – che è quello che poi rende davvero interessante Places per i business – ecco che Gap e i suoi 10.000 paia di jeans for free diventano il primo grande banco di prova per il servizio location based di Zuckerberg.

Così dopo il tanto rumore suscitato dal disastroso tentativo di rebranding di qualche mese fa, ecco che Gap torna al centro della social media scene.

I risultati? Beh, difficile dirlo senza dati ufficiali alla mano. Quello che è certo è che l’operazione ha avuto grande risonanza online Google non mente), vuoi perché era la prima vera e propria campagna Deals-centrica, vuoi perché un annuncio di “10.000 paia di jeans gratis” fa comunque un certo effetto, e sicuramente anche perché di questi 10.000 jeans ha parlato direttamente Zuckerberg durante l’evento che svelava Deals (come accennato anche nel mio post nel blog di We Are Social).

I numeri che ora si possono commentare sono quelli legati all’evento su Facebook, e sembrano testimoniare un successo: in poche ore quasi 30.000 persone hanno dato la loro adesione all’evento (comunicato il 3 Novembre, e lanciato il 5), ognuna di queste ha mediamente 130 amici, beh, capiamo che l’esposizione del messaggio è decisamente alto. Aggiungiamo pure che la maggior parte dei 10.000 ad aver ritirato i suoi jeans gratuitamente ne scriverà, ne parlerà con gli amici e – chissà – magari tornerà a comprare. Sembrerebbe tutto perfetto.

Ma questo primo esperimento (esperimento per Places più che per Gap, che potremmo definire early adopter nell’utilizzo dei LBS – vi ricordate della Special Offer con Foursquare?) ci permette di fermarci a ragionare un attimo su alcuni aspetti interessanti: vediamo le lezioni che possiamo trarre.

Non tutti i consumatori sono uguali, ma soprattutto non tutti i consumatori sono uguali a noi: contendersi la mayorship dell’ufficio non è una cosa normale per la maggior parte delle persone, gli utenti vanno quindi educati, gli va spiegato come usare lo strumento.

Dare per scontato che tutti sappiano cos’è Facebook Places significa tagliare fuori la maggior parte dei potenziali 200 milioni di persone che usano Facebook Mobile, perché se è vero che la diffusione degli smartphone e delle connessioni 3G sta rendendo l’accesso a internet sempre più “normale”, è anche vero che solo il 4% degli americani continuano a dichiarare di usare LBS (sicuramente Facebook renderà mainstream lo strumento, ma ci vorrà comunque un po’ di tempo prima che abbia la familiarità che ha – ad esempio – il Like oggi).

L’integrazione delle attività offline con quelle online è ormai pratica consolidata, visto che la comunicazione via internet è nata come supporto di quella fisica: ora che il cerchio si è chiuso e che il processo è circolare, è il momento di farlo girare ora. Cosa significa? Significa – per continuare con l’esperienza di Gap – che integrare l’operazione nata online, con un supporto in-store, o comunque tradizionale, avrebbe reso più efficace l’iniziativa. Perché? Perché avrebbe attirato anche persone che non ne erano a conoscenza, ma soprattutto perché sarebbe stato più semplice per chi non ha dimestichezza con check-in e smartphone comprendere il funzionamento della promozione. Onestamente non ho capito perché non sia stata promossa neppure attraverso Gap.com.

Le reazioni – ad una prima occhiata – sembrano decisamente positive: alcuni blog parlano di enorme successo, altri documentano la notizia parlando delle code fuori dai negozi, altri ancora riportano la testimonianza personale del blogger. Bene, molto bene per Gap quindi. Sì, bene sicuramente in superficie, ma andando a scavare un po’ – o semplicemente scorrendo il wall dell’evento su Facebook – ci accorgiamo che non tutti i commenti sono positivi – anzi – ma in molti casi sarebbe sufficiente una risposta per chiarire, anche perché molti dei complaint (soprattutto su Facebook) sono legati alla mancata comprensione del meccanismo del gioco. Ascoltare, agire ma anche gestire le conversazioni: e non dimentichiamo che il momento immediatamente successivo a quello dell’evento non è mai quello del riposo, ma è quello in cui si deve dare il massimo per raccogliere i frutti.

Attendiamo quindi di assistere ad altre operazioni di questo tipo, che – ne sono certo – saranno sempre più numerose nel giro di poco tempo visto l’effetto virale che anche l’educazione al mezzo avrà: nel momento in cui l’audience risulti ricettiva, i brand saranno spinti a lavorare in questa direzione, innescando un meccanismo circolare per cui gli utenti saranno sempre più spinti a servirsi di Places (ma anche Foursquare se saprà, come pare, rendersi interessante proponendo nuovi approcci).