Dite addio al navigatore satellitare. E anche ai volantini pubblicitari. È arrivata l’era dei sistemi di geolocalizzazione mobile: nuovissime applicazioni per cellulari integrate a social network georeferenziati, pronte a indicarci su mappe mobili dove ci troviamo o dove stanno andando i nostri amici. È questa l’ultima frontiera della tecnologia per spostarsi tra le vie cittadine, darsi appuntamento, fare pubblicità a un nuovo locale, persino giocare online con gli altri utenti. Lo testimonia in America il successo di FourSquare, un gioco a metà tra un social network e un sistema di geolocalizzazione, con oltre tre milioni di iscritti.

Ieri e oggi – “Le prime avvisaglie del successo dei sistemi di geolocalizzazione risalgono a tre anni fa, con l’avvio delle manovre di acquisto di mappe e altre informazioni cartografiche digitali – commenta Andrea Boaretto, responsabile dei progetti di Marketing della School of Management del Politecnico di Milano – La richiesta del mercato era quella di rendere visibili i punti di interesse. Così nel 2007 TomTom acquistò Tele Atlas, provider di contenuti già usato dalle mappe di Google, e Nokia comprò per più di 8 miliardi di dollari Navteq, un altro software per realizzare navigatori Gps e servizi basati sulla localizzazione”.

Così il “vecchio” servizio a pagamento Nokia Maps divenne Ovi Maps, un navigatore satellitare completamente gratuito incluso nei telefoni cellulari Nokia dalla fine del 2009. Un modo per scoraggiare gli utenti dallo scaricare applicazioni gratuite alternative, per aumentare i fruitori del sistema interno e attirare così gli interessi del marketing. “I navigatori, anche quelli dotati della modalità pedestrian (utilizzabili anche fuori dall’automobile, ndr), si sono pian piano trovati a competere con il telefono cellulare, e addirittura con i social network. FourSquare ad esempio nasce come gioco su telefonino, e usa Facebook e Twitter come fenomeni di amplificazione. In questo modo è diventato un fenomeno internazionale, con circa 50mila iscritti anche in Italia, dove il geolocal è ancora molto circoscritto”.

Dove sta il business?

In Italia il fenomeno non è ancora esploso ma Feltrinelli Milano e Coin stanno già investendo nel settore. Perché?
“Immaginiamo un cliente Coin che passeggia per il centro città, passa vicino a un negozio della catena e… riceve immediatamente un sms sul suo cellulare che promette sconti, o addirittura omaggi. Quale migliore pubblicità? È l’evoluzione della carta fedeltà, ampliata al contesto urbano”. Una prospettiva futura possibile, ma ancora lontana. “Occorrerà impostare una precisa strategia di integrazione e un sistema informativo efficiente, in cui le imprese dovranno poter dialogare con operatori telefonici, motori di ricerca, aziende informatiche ecc., senza mettere a rischio i dati personali dei clienti. La città non deve diventare un enorme Grande Fratello!”.

Il rischio oggi sembra ancora lontano, se si considera che il fenomeno geolocal conta ancora pochi utenti e pochi punti vendita geolocalizzati. Un recente studio di Forrester Research calcola che solo il 4% degli americani ha usato almeno una volta un servizio di geolocalizzazione, e che di questi solo l’1% informa regolarmente gli altri sulla propria posizione.
E questo nonostante le start-up abbiano investito ben 115 milioni dollari in più rispetto allo scorso anno nei sistemi geolocal.

“Ci vuole ancora tempo. In Italia Facebook ha impiegato tre anni per raggiungere una scala interessante, e ancora oggi si parla di ‘soli’ 17 milioni di utenti su 30 milioni che hanno accesso alla rete. Anche per il geolocal bisognerà pazientare. Occorre anche considerare la dotazione di strumenti smartphone: in Italia questa non è scarsa, ma pochi ne conoscono tutte le potenzialità”.

Ma attenzione: la limitata diffusione di questi sistemi può persino diventare un vantaggio. “Per gli investitori pubblicitari è più interessante che non ci siano subito le grandi masse. La situazione attuale offre la possibilità di comunicare a nicchie ben connotate, che di solito sono difficili da rintracciare con i mezzi di comunicazione tradizionali come la Tv. In questo caso ad esempio si parla di un target metropolitano, compreso tra i 18 e i 35 anni, con un life style giovane e dinamico, a cui indirizzare prodotti ben precisi”.Il non-problema della privacy

Un’altra criticità che emerge spesso nel parlare di geolocalizzazione è il problema della privacy, strettamente connesso a quello delle modalità di gestione dei dati personali.
“Si tratta più di un problema di mancata conoscenza degli strumenti che di un problema reale – commenta Alessio Cimmino di Google – Io posso fare l’esempio di Latitude, il servizio che estende e integra Google Maps per far sapere agli amici dove ci si trova. Per stabilire la posizione di un utente Latitude utilizza il Gps integrato nel cellulare, oppure tenta di raccogliere informazioni dai ripetitori della telefonia mobile, da access point wi-fi o altro. Ma l’utente iscritto al servizio è libero di decidere di volta in volta chi è autorizzato a vedere la sua posizione e a quale livello di dettaglio. E in qualsiasi momento può condividere, impostare, nascondere la propria posizione, persino inventarne una falsa. Il tema privacy viene affrontato sin dalla prima schermata dell’iscrizione”.

L’obiettivo di Latitude è ludico e di utilità sociale. Vuoi uscire con gli amici? Con Latitude puoi controllare sulla mappa dove si trovano e cosa stanno facendo, e quindi contattarli via sms, chiamate o chat. La cartina di Google Maps inoltre viene automaticamente aggiornata man mano che i contatti amici si spostano, ad esempio, tra le vie di una città a piedi o su un mezzo pubblico. Più complessa la gestione dei dati nel caso di campagne di marketing, ma per questo obiettivo futuro i lavori sono in corso. Non resta che aspettare!