Probabilmente la sua influenza crescerà ulteriormente: la rivoluzione digitale ne ha amplificato e accelerato l’efficacia laddove il Word Of Mouth non è più un atto intimo, una comunicazione faccia-a-faccia. Oggi il passaparola è una scambio che avviene anche tra uno e molti: le recensioni dei prodotti vengono postate online e i commenti viaggiano tra i social network disponibili alla lettura di tutti.
Dopo aver spiegato (per chi non li avesse ancora compresi) i vantaggi e le possibilità offerte dal passaparola, lo studio passa a scomporre le componenti del Word-Of-Mouth equity, un indice per misurare il potere di influenzare le decisioni d’acquisto. Ma quanto pesa il Word Of Mouth rispetto agli altri fattori d’influenza (advertising, esperienze pregresse, etc…)?
Lo studio mette in luce come il Word Of Mouth abbia un’efficacia diversa per ciascuna fase del suo tragitto (figura 1) e si conferma come l’unico fattore rilevante in ogni step.
Figura 1. Fasi del processo decisionale precedenti all’acquisto: i tre fattori che più di ogni altro influenzano l’andamento
Esistono vari tipi di WOM, oltre alla semplice distinzione tra offline e online, se ne individuano tre tipologie:
Experiential (esperenziale): è il più potente perché deriva dalla pratica diretta. Costituisce la maggior parte del passaparola circolante, una percentuale compresa tra il 50% e l’80%. Si presenta soprattutto quando smentisce delle aspettative. Un tipico esempio di passaparola negativo riguarda il settore dei trasporti, basti pensare ai ritardi accumulati negli aeroporti in fase d’imbarco o alla riconsegna dei bagagli.
Consequential (conseguente): Alcuni messaggi pubblicitari riescono a colpire gli individui tanto da spingerli a raccontarlo. L’advertising ha sempre cercato di colpire al cuore, allo stomaco o alla mente delle persone per lasciare una traccia duratura e continuare a a vivere nelle conversazioni.
Intentional (intenzionale): un approccio meno comune al WOM è quello di tipo intenzionale, premeditato. Avviene ad esempio quando si utilizzano testimonial celebri per scatenare il passaparola, soprattutto per il lancio di un nuovo prodotto o di una feature inedita.Ogni monitoraggio del passaparola ha come primo passo il conteggio dei messaggi circolanti, tuttavia è chiaro che valutare allo stesso modo il consiglio di uno sconosciuto e la raccomandazione di un famigliare sarebbe errato. Se per esempio abbiamo due passaparola, secondo McKinsey, quello che proviene da una fonte di fiducia può essere fino a 50 volte più influente sul comportamento finale.
Il calcolo del Word-Of-Mouth equity ha l’obiettivo di correlare l’impatto medio sulle vendite con il numero di passaparola per valutare il grado d’impatto. (figura 2).
Figura 2. Effetti del WOM sul brand di un’azienda
L’effetto imputabile al WOM dipende molto dal contenuto del messaggio. Se il messaggio fa leva su caratteristiche del prodotto/servizio importanti agli occhi dei potenziali acquirenti allora avremo buoni risultati. Ad esempio il design di un cellulare diventa molto più importante della durata della batteria. Oppure, parlando di una crema idratante, il packaging e gli ingredienti stimoleranno più buzz delle sensazioni che il prodotto dona.
Un secondo fattore critico è l’identità di chi parla: ciascuno di noi è autorevole per alcune categorie e meno per altre. Sul totale dei consumatori una percentuale variabile tra l’8% e il 10% viene considerata affidabile grazie alla fiducia che si è guadagnato e della competenza riconosciuta in quel settore. È proprio questa percentuale a generare fino a tre volte più passaparola del resto dei consumatori e ogni singolo messaggio ha un impatto quattro volte maggiore ai fini delle preferenze d’acquisto. Ma solo l’1% di questi sono digital influencer.
Infine è l’ambiente circostante a influire sull’efficacia. Tipicamente i gruppi ristretti hanno un minore raggio d’azione, ma sono di gran lunga più efficaci. Esiste infatti un’alta correlazione tra le persone di cui ci fidiamo e i network a cui siamo legati.
Il WOM, conclude l’articolo, è una risorsa difficile da gestire, ma che può portare risultati importanti e sul lungo periodo. Nel caso di Apple e dell’iPhone si capisce che una caratteristica come il design, meno funzionale delle altre, scateni il cuore del Buzz. L’impatto visivo diventa un elemento del WOM già integrato in fase di progettazione.
L’articolo di Jacques Bughin si focalizza sull’importanza di dare giusto peso ai diversi passaparola, ma non approfondisce le fonti e le verifiche alle affermazioni riportate. Collegare l’impatto delle vendite al WOM diventa un’operazione piuttosto complessità su cui è difficile trovare un modello assoluto.
La visione “allargata” del concetto di Word-Of-Mouth equity a tutti gli aspetti del marketing ci fa però capire che bisogna superare l’idea legata alla riduzione dei costi pubblicitari, il WOMM può diventare una vera e propria filosofia aziendale in cui la gestione della comunicazione evolve.