Il “Permission Marketing” è il privilegio (non il diritto) di spedire messaggi personali e rilevanti, precedentemente annunciati, a persone che effettivamente vogliono riceverli. Il Permission Marketing riconosce il nuovo potere della maggior parte dei consumatori, di ignorare la pubblicità; si rende conto che trattare le persone con rispetto è il modo migliore di guadagnarsi la loro attenzione.

In questo campo “fare attenzione” è la parola chiave, perché chi pratica Permission marketing comprende che quando qualcuno sceglie di prestare la propria attenzione vi sta pagando con qualcosa di prezioso e non ha modo di riavere indietro la propria attenzione se cambia idea. L’attenzione diventa una risorsa preziosa, qualcosa da valutare, non da sprecare.

Il vero consenso è differente da quello presunto o strettamente legale. Solo perché in qualche modo avete ottenuto il mio indirizzo e-mail non significa che avete il mio permesso. Solo perché non mi sono lamentato non significa che avete il permesso. Neppure se è scritto a caratteri piccoli nella vostra privacy policy significa che c’è il consenso.

Il vero consenso funziona così: se smettete di mandare messaggi, la gente si lamenta, si chiedono dove siete finiti.

L’altro giorno ho ricevuto una nota da un lettore di Daily Candy (newsletter quotidiana di moda N.d.T.). Era agitato perché da tre giorni di fila la sua Newslwtter Daily Candy non gli arrivava. Quello è consenso.

Il consenso è come gli appuntamenti, Non parti a proporre la vendita alla prima impressione, ti guadagni il diritto col tempo, un pezzettino per volta.

Uno dei fattori chiave propulsivi del Permission Marketing, oltre alla scarsità di attenzione, è il costo straordinariamente basso di comunicare a gente che vuole ascoltarvi. Gli RSS, le email e le atre tecniche significano che non dovete preoccuparvi dei francobolli o dell’acquisto di spazi pubblicitari ogni volta che avete qualcosa da dire. La consegna a domicilio è la rivincita del lattaio… è l’essenza del consenso.

Il consenso non deve essere formale, ma deve essere evidente. Il mio amico ha il permesso di chiamarmi se ha bisogno che gli presti cinque dollari, ma la persona che avete incontrato all’evento fieristico non ha la possibilità di cercare di propagandarvi il suo intero curriculum, anche se ha pagato per entrare.

Le sottoscrizioni sono un atto palese di autorizzazione. Questo è il motivo per cui i lettori dei giornali consegnati a domicilio sono così preziosi e perché gli abbonati ad una rivista valgono più dei lettori che la comprano all’edicola.

Per avere il consenso dovete fare una promessa, voi dite: “farò x, y e z, spero che mi darete il consenso di ascoltarmi” e poi (questa è la parte più difficile), questo è tutto quello che farete. Non presumete di poter fare di più. Non vendete o affittate la lista né richiedete più attenzione. Potete promettere una newsletter e parlare con me per anni, potete promettere un RSS giornaliero e parlare con me ogni tre minuti, potete promettere una vendita promozionale al giorno (come fa Woot.com), ma una promessa è una promessa fino a che una delle due parti non decide di cambiarla.

Non presumete che solo perché vi candidate come presidente o perché si avvicina la fine del trimestre o siccome state lanciando un nuovo prodotto allora avete il diritto di rompere il patto. Non ce l’avete.

Il consenso non deve essere uno strumento di diffusione a senso unico. Internet significa che potete trattare persone diverse in modo diverso e vi richiede di capire come lasciare che la vostra base di consenso scelga quello che vuole sentire ed in che formato.

Nove anni fa, quando lanciai il mio libro dove coniai questa frase, offrii alla gente un terzo del libro gratuitamente, in cambio di un indirizzo e-mail. E mai, mai o fatto più niente con quegli indirizzi. Non era parte dell’accordo. Nessuna promozione a seguire, nessun nuovo prodotto. Un patto è un patto.

Se vi sembra che per fare Permission Marketing dovete dotarvi di umiltà e pazienza, avete ragione. Ecco perché così poche aziende lo fanno correttamente. In questo caso la migliore scorciatoia è proprio nessuna scorciatoia. Articolo originale di Seth Godin