In questo contesto i retailer che operano in Italia stanno adeguando assortimenti e formati per migliorare il proprio posizionamento. Si tratta di mosse razionali che migliorano l’impatto sul consumatore, ma forse non esenti da nuove “bolle di offerta” dovute a un sovradimensionamento di spazi: sempre più film, libri e Cd nei negozi di elettronica; più spazio al personal care nei magazzini di tessile e moda; ingresso di vestiti, pannolini e passeggini nei mega store di giocattoli.
Il tutto in un contesto che vede una progressiva riduzione delle produttività degli spazi e una costante crescita dell’e-commerce.
Una nota più distintiva e strutturale è la crescita delle private label. Al di là delle quote di mercato, minori rispetto ad altri paesi, c’è un cambiamento profondo della percezione delle marche retail che avrà effetti sempre più dirompenti nel mercato. I conti economici sono in sofferenza, salvo pochi casi di operatori altamente produttivi e concentrati geograficamente in aree più ricche. In questo panorama di forte cambiamento e difficoltà l’Information & communication technology (Ict) è una risorsa sempre più strategica per la differenziazione e la crescita.
D’altra parte, l’Ict è una delle maggiori voci di spesa a livello di sedi centrali, e dato il contesto, si trova a giustificare il proprio ritorno economico in modo nuovo.
Una ricerca condotta da Aberdeen Group, mostra i risultati dell’implementazione di sistemi di business intelligence su approssimativamente 200 retailer in Europa e Nord America: circa il 25% dei retailer giudicati “Best in class” hanno implementato sistemi di business intelligence e incrementato il margine operativo del 10% in 12 mesi.
Abilitante e strategico
Nel corso degli ultimi 10 anni l’Ict è stata una leva di efficienza operativa fondamentale che ha permesso l’automatizzazione di attività ripetitive e a minor valore aggiunto e contribuito a snellire i processi aziendali come per esempio le paghe e le attività amministrative.
Anche sul fronte della gestione operativa: per esempio i sistemi wireless e i lettori portatili sono onnipresenti in negozio e in magazzino e la stessa tecnologia Rfid sta cominciando a diffondersi nella catena produttiva e logistica, anche se è ancora lontana dall’aver generato i benefici attesi. Oggi la frontiera Ict si sposta verso l’arricchimento della relazione con il cliente in un contesto sempre più multicanale integrato (negozio-web-“mobile”) e in direzione di un cambiamento culturale della professionalità del management di sede.
L’esperienza multipla
In uno scenario di aumento della densità, o i punti di vendita si spostano verso formule di puro prezzo (con tutte le complessità verso l’efficienza del mondo web) o si concentrano sulle esigenze dei consumatori che vogliono prezzi competitivi, ma uniti a un’esperienza “piacevole di acquisto” e ricca di informazioni, servizi, elementi sensoriali e ludici. È su questo fronte che le tecnologie di punto di vendita possono offrire un supporto e a volte diventare indispensabili. La sfida è però rappresentata non tanto dalle tecnologie in sé (oggi sempre più disponibili a costi contenuti), quanto dal contenuto, ovvero dalla capacità di fornire informazioni, “experience” a valore aggiunto.
I chioschi interattivi e la tv interattiva (o non) sembrano essere un tassello importante per il futuro. Sono infatti in grado di offrire una vasta gamma di servizi al consumatore. Il loro appeal è confermato da un’indagine condotta nel Regno Unito, secondo la quale il 21% dei consumatori che si sono serviti di soluzioni self service hanno effettuato un acquisto anche se non lo avevamo pianificato e il 47% ha asserito che l’utilizzo di soluzioni self-service aumenta l’attrattività del negozio rispetto ai concorrenti.
Risultati analoghi sono emersi negli Stati Uniti, dove nel 24% dei casi di acquisti di impulso, la visibilità del display è stata ritenuta un fattore determinante per la vendita, mentre elementi come prezzo e promozioni hanno avuto una rilevanza minore (rispettivamente il 17% e l’11%). Dal chiosco interattivo è possibile gestire i programmi di fidelizzazione cui si è iscritti, visualizzare gli articoli che si acquistano più spesso e le promozioni di cui si è usufruito o visualizzare una lista della spesa per aiutare a programmare gli acquisti. All’estero, questo tipo di tecnologia ha un buon grado di diffusione nei paesi anglosassoni.
L’espansione
La presenza di chioschi interattivi apre la possibilità di espandere l’offerta di prodotti e servizi. Due direzioni esemplificative:
• Ibridazione con l’online tramite funzionalità di smart search, che se ben utilizzate permettono l’accesso a menu virtuali di prodotti e servizi, anche personalizzabili, al di là della gamma presente a punto di vendita
• Professionalizzazione del servizio, grazie alla presenza di esperti collegati in remoto: elettronica, bricolage, arredamento, nutrizionisti o chef possono rispondere alle richieste dei clienti. Una catena americana ha recentemente introdotto un servizio pilota interattivo che mette a disposizione un farmacista in remoto che guida nella scelta dei farmaci più opportuni. Un retailer diy sfrutta specialisti remoti per la progettazione e vendita di cucine ed elementi di arredo all’interno dei propri punti di vendita.
Sempre in punto di vendita vi sono poi altre soluzioni che arricchiscono molto l’esperienza di acquisto, come lo “specchio magico” che, in realtà virtuale nel futuro sarà in grado di proporre la silhouette del consumatore e di simulare in modo realistico la prova dei capi disponibili (nel negozio o nel catalogo completo gestito) proponendo prodotti complementari e interagendo con amici, per ridurre le rotture di stock, aumentare gli scontrini e l’attrazione di nuovi clienti.
Formule analoghe, più rudimentali ma comunque efficaci, sono disponibili anche online, basta visitare il sito Brille 24, o quello di Rayban, che vendono occhiali in remoto e offrono la possibilità di “provare” la montatura su una fotografia precaricata nel sito o tramite immagine direttamente presa dalla webcam.
La connettività mobile, che ha ormai raggiunto una diffusione capillare, è un’altro esempio di innovazione del contatto con il consumatore anche all’esterno del punto di vendita, mediante messaggi personalizzati e mirati a uno specifico segmento o applicazioni per smart-phone come lo “Shop on the go” o “Shop Savvy” (comparazione dei prezzi di vendita in negozi vicini).
I social network infine sono un canale di comunicazione fondamentale che i retailer devono cominciare a utilizzare per aumentare le capacità di relazione con i consumatori e allargare la base clienti.
Il “retail scientifico”
Meno tracciata sembra invece la strada dell’efficacia a livello di “sede”. Chi sono i clienti più assidui? Cosa, quanto e come comprano? Perché tra le 7 e le 8 del venerdì il prodotto X è più venduto del prodotto Y, mentre in genere il prodotto Y è best seller? In che momento dell’anno ha più successo una data promozione? E se rimodulate la scala prezzi cosa succederebbe alla categoria Z? La risposta è già nei dati disponibili in rete e nei sistemi, o in analisi dipartimentali (scontrini, programmi fedeltà, sondaggi, chioschi di punto di vendita, vendite online, dati da fonti esterne quali Google e social network). Manca però un’organizzazione adeguata degli stessi strumenti di analisi e soprattutto mancano le competenze di tipo “scientifico” nelle organizzazioni retail italiane. Di recente sono emerse nuove forme di organizzazione dei dati che sembrano più semplici ed economiche, sono i cosiddetti software di ricerca associativa che utilizzano “dati in memoria”.