Ma perché così tanti seguaci? I principi del permission marketing sono molto semplici e partono da un’incontestabile verità: la risorsa scarsa per eccellenza (il tempo) è il nemico numero uno degli uomini di marketing. Tutte le azioni pubblicitarie tentano di attirare l’attenzione dei potenziali consumatori, tuttavia affollano talmente la loro vita che a molte di queste iniziative essi non prestano più attenzione.
Ma come hanno reagito i guru del marketing degli anni ottanta? Essi hanno deciso di ritagliarsi uno spazio nella mente del consumatore attraverso campagne pubblicitarie più attraenti. Questo ha innalzato il livello degli investimenti in comunicazione e più precisamente in pubblicità, facendo la felicità delle agenzie di Madison Ave. Sono nate campagne pubblicitarie multimilionarie, spot girati da registi cinematografici, pieni d’effetti speciali.
La Nike è stata una delle prime ad adottare questa linea strategica in ambito comunicazionale. Questa tecnica funzionava, almeno all’inizio. Così tutti hanno seguito questa strada causando due risultati:
- l’affollamento è aumentato
- il budget è esploso!
La domanda che ora ci dobbiamo porre, è la seguente: come possiamo interrompere questo circolo vizioso? Qual è la soluzione? Il libro di Seth Godin sembra aver tracciato la via. Egli afferma che non ha senso interrompere il consumatore con un messaggio cui non presterà attenzione.
Seth Godin indica come soluzione l’adozione del permission marketing. Esso consiste nello stabilire una relazione stabile e duratura tra il consumatore e l’azienda (segnatamente con la funzione marketing) tale da garantire al consumatore la ricezione di quelle informazioni che egli ha espressamente richieste e, per questo, attentamente percepite. Un consumatore interessato a quello che un’azienda gli comunica è un consumatore con una probabilità molto alta di trasformarsi in un cliente. In copertina, sotto il titolo, appare una frase che forse racchiude tutto il senso del libro e della filosofia alla base del permission marketing: trasformare gli estranei in amici e gli amici in clienti.
Ma come si fa? Il meccanismo fa leva sulla natura opportunista del consumatore. L’azienda deve predisporre un’esca. Bisogna offrire al consumatore, un qualcosa che lo spinga ad accettare di stabilire un contatto con l’impresa. Se siamo riusciti ad attirare la sua attenzione abbiamo la possibilità di costruire una risorsa molto importante per l’impresa: un rapporto diretto con il consumatore con tutto ciò che ne può derivare.
Questa risorsa è molto delicata all’inizio perché il consumatore non conosce ancora l’impresa e viceversa. Seth Godin afferma che il rapporto tra consumatore ed impresa è come una relazione tra due persone attratte l’una dall’altra: la semplice attrazione non è sufficiente (almeno da una parte) per continuare la relazione stessa. Allora dobbiamo corteggiare il nostro consumatore, chiedergli che tipo d’informazioni lui ci autorizzerà a consegnargli e con che frequenza. Se è lui a decidere tutte queste variabili la probabilità che presti attenzione al messaggio è molto più alta rispetto a qualsiasi altra compagna di direct marketing e costerà molto meno di qualsiasi altra campagna pubblicitaria.
Ogni relazione che prosegue diventa sempre più forte. Il consumatore arriverà a fidarsi dell’impresa e quindi cederà sempre più permesso, potrà anche arrivare a dire: “avvisami quando lanci un nuovo prodotto”, etc… Se la relazione è talmente forte e la fiducia del consumatore nell’azienda è piena, l’azienda potrà anche inviare il prodotto, senza che il consumatore lo abbia richiesto. è questo il livello più alto di permesso che l’impresa può ottenere ed è una risorsa estremamente importante (quello che S.G. definisce permesso endovena. Il nome deriva dal permesso che il paziente concede al suo medico, quello di somministrargli un farmaco che questi ritiene necessario, ma di cui il paziente non sa niente. Il livello di fiducia è molto alto.
Per tornare al nostro consumatore, egli riceve un prodotto che non aveva ordinato, ma che soddisfa quelle indicazione che precedentemente aveva stabilito con l’impresa (determinata categoria merceologica, determinato livello di prezzo, ecc.).
Inoltre, se quando lo riceve il consumatore non è soddisfatto, lo comunicherà all’impresa che provvederà a ritirare il prodotto senza addebitare nulla al consumatore. Punto essenziale è che sia il consumatore a concedere in maniera più esplicita possibile il permesso per tale operazione. Su questo punto è necessario soffermarsi. L’azienda non deve assolutamente adottare comportamenti equivoci tendenti a far leva sulla pigrizia dei consumatori nel rifiutare la merce, soprattutto se di basso importo. Così solo se il permesso deriva da una scelta consapevole del consumatore esso avrà valore.
Cosa sta succedendo adesso? Chi è capitato sul sito www.ricaricagratis.it ha ormai chiaro il meccanismo. L’esca è la ricarica (un’esca molto attraente). Il consumatore s’iscrive ad un servizio che gli offre denaro sotto forma di credito telefonico in cambio di attenzione a dei messaggi promozionali su argomenti a sua scelta e con la frequenza che egli ha deciso.
La potenza di questo strumento è sotto gli occhi di tutti. I vecchi strumenti di comunicazione di massa garantivano un’elevata copertura del target (pensiamo alla televisione), ma un costo per contatto utile elevato. Qui il costo per contatto utile non è altro che la ricarica offerta per ogni messaggi ricevuto. Il messaggio, infatti, non viene inviato a chi non è interessato con un risparmio di risorse finanziare per l’impresa e di tempo per il consumatore. Questo procedimento offre al consumatore denaro per informarlo su quelli che lo interessa.
Allo stesso modo i siti che permettono d’inviare SMS gratis, hanno tutti predisposto un processo di registrazione per l’utente, in modo tale da inviargli mail contenenti messaggi promozionali, ed ottenere allo stesso tempo un database di utenti profilati praticamente gratuito. Il meccanismo è sempre lo stesso: si offre un’esca, la più attraente possibile e si aspetta che il pesce abbocchi. Ma a finire sul fuoco per essere cucinati non saranno i clienti, ma i concorrenti. Fonte: Antonio Dileo.