Dopo che si è smascherato il sostegno economico che la National Security Agency ha concesso ai colossi della Rete per partecipare al programma di monitoraggio delle informazioni e dei dati scambiati online Prism, Facebook, coinvolto nell’attività di spionaggio orchestrata dal governo statunitense, ha pubblicato il suo primo rapporto sulle richieste di accesso al materiale degli utenti da parte degli enti governativi.
Facebook ha voluto così affrontare un’operazione trasparenza, sulla falsa riga di quella firmata da Google già da qualche anno. Se andiamo ad affrontare l’analisi di questi dati, gli Stati Uniti sono in testa alla graduatoria con 11mila-12mila richieste.
Facebook ha risposto al 79% dei quesiti. L’Italia ha inoltrato 1.705 domande su 2.306 internauti e Fb ha risposto positivamente in poco più della metà dei casi.
Inoltre, Facebook non ha reso nota la natura delle singole indagini, a differenza di Google, che con il Transparency Report entra nel merito della questione. Per ora, il social network ha spiegato che si tratta nella maggioranza dei casi di informazioni di base sugli iscritti, nome e cognome e data di iscrizione alla community.
Richieste più specifiche riguardano gli indirizzi IP degli utenti o la ricerca di contenuti specifici come i casi di cronaca in cui gli scambi privati su Facebook si rivelano determinanti durante le indagini come nell’omicidio di Melania Rea.
Facebook, comunque, promette che: “Nei prossimi report, speriamo di essere in grado di fornire ancora più informazioni a proposito delle richieste che riceviamo da parte delle autorità giudiziarie. Ci auguriamo che questa relazione sia utile ai nostri utenti nel dibattito in corso circa gli standard adeguati per gestire le richieste del governo sulle informazioni degli utenti nel corso di indagini ufficiali”; ha dichiarato il general counsel Colin Stretch.