Infatti, mentre il governo fatica a definire un quadro normativo e a intraprendere iniziative per diffondere questa tecnologia, sono gli enti locali a lavorare in prima linea per garantire ai cittadini sempre maggiore accesso alla rete anche fuori casa, senza dover per forza sborsare denaro per usare le costose connessioni dei telefoni cellulari.
La libertà di utilizzare la rete è diventata in tutto il mondo sinonimo di civiltà e di democrazia, tanto che in diversi Paesi la negazione dei diritti va di pari passo con il controllo o la limitazione nell’accesso a internet. In Italia i più grossi ostacoli alla diffusione di internet sono di diversa natura: la diffusa ignoranza sulle nuove tecnologie, la mancanza di adeguate e capillari infrastrutture in grado di collegare allo stesso modo tutti i cittadini e le norme spesso troppo restrittive. Dal 2005, infatti, per effetto del “decreto Pisanu”, chi voleva mettere a disposizione del pubblico una connessione senza fili ha sempre dovuto sottostare a farraginose procedure, come la richiesta di una licenza al questore e la registrazione tramite carta d’identità di tutti gli utenti. Molti esercenti, alberghi, gestori di spazi pubblici hanno affrontato la difficile impresa creando nei loro spazi degli hotspot, dei punti di accesso wi-fi. Ma tanti altri hanno desistito, scoraggiati davanti alle pesanti incombenze burocratiche.
Il risultato è che nella nostra Penisola per poter navigare in mobilità è possibile usare praticamente solo le reti di telefonia mobile: vere “signorie” che si fanno pagare bene ogni dato scaricato dalla rete sui propri computer portatili o sui cellulari. Nel Belpaese, però, l’anno scorso le vendite di smartphone, cellulari intelligenti, in grado di utilizzare sia la rete mobile che eventuali punti di accesso wi-fi per collegarsi a internet, sono raddoppiate, salendo a quattro milioni di nuovi apparati. Un dato che conferma la storica definizione degli italiani come un popolo di navigatori. E questa voglia di navigazione sta trovando sempre più spazi garantiti e liberi proprio grazie alle amministrazioni locali, per ora veri baluardi a difesa dei cittadini davanti a confusioni normative e feudi digitali.
Da Nord a Sud, infatti, sono molti i comuni che hanno deciso di coprire parte del loro territorio con una rete wi-fi e di offrire ai loro abitanti l’accesso a internet anche nei luoghi pubblici. Proprio come nell’età dei comuni, però, la mappa delle iniziative è frastagliata e presenta modalità di attuazione molto diverse tra loro: in ogni città è un’esperienza diversa, ci sono regole e procedure diverse che non sempre facilitano l’utente. A Milano, ad esempio, si va creando una vasta area wi-fi tra San Babila, il Duomo e il Castello Sforzesco. Grazie all’unione di più reti promossa dal Comune, sotto l’amministrazione di Atm, l’azienda dei trasporti pubblici, chiunque potrà connettersi, ma al massimo per un’ora, anche se le persone connesse non potranno essere più di 2.500 contemporaneamente. Bisognerà registrarsi, inoltre, attraverso il cellulare, sul quale si riceveranno via sms i dati per l’accesso.
La rete coprirà anche edifici di pubblica utilità, come l’ufficio dell’anagrafe, dove il servizio è già partito, è potrà arricchirsi di nuove zone anche grazie a soggetti privati che potranno rendere disponibile la loro rete wireless all’interno di questo progetto. A Venezia la rete voluta dal Comune e offerta a residenti e city users, cioè utilizzatori della città come studenti o pendolari, copre numerose zone tra le più frequentate e si estende anche al Lido e a Mestre: registrazione online oppure negli appositi uffici. Esperienza simile anche in un piccolo capoluogo come Pordenone, dove dallo scorso giugno è attiva la rete “Wireless Naonis” in diverse zone della città. Nessun limite di tempo, anche se per registrarsi è necessario recarsi agli appositi sportelli adibiti dal Comune. Un modello, che si sta diffondendo: ieri, ad esempio, a Lissone (Monza e Brianza) è stato inaugurata la prima aerea coperta da wi-fi gratuito. Anche qui, però, è necessario il passaggio dallo sportello per la registrazione, procedura che non sempre è apprezzata da chi pensa “in mobilità”.
In Trentino il pubblico si è già unito al privato per offrire un accesso gratuito in una vasta area della provincia di Trento. L’azienda privata Futur3, infatti, ha lanciato un servizio che si chiama FreeLuna, coinvolge anche 120 comuni della provincia e conta circa 1.200 punti di accesso (anche in località turistiche) con 55 mila utenti registrati, appoggiandosi anche alla rete di Trentino Network, società a capitale pubblico. Unica “tassa” da pagare è costituita dalla pubblicità, che appare ogni volta che si apre una nuova pagina web.
In Sicilia vince il “consorzio” tra comuni. In provincia di Palermo, Villafrati, Marineo e Bolognetta si sono associati nell’Unione dei comuni dall’Eleuterio a Rocca Busambra, che punta, tra l’altro, anche a offrire nei tre paesi alcuni punti per l’accesso wi-fi gratuito a internet. L’elenco delle piccole esperienze di questo genere potrebbe continuare a lungo, perché sono sempre di più le amministrazioni locali che stanno pensando alla costruzione di spazi wi-fi. A questi si aggiungono numerosi altri enti che offrono questo servizio ai loro utenti, come accade, ad esempio, in molti atenei. E alle volte i progetti di copertura wi-fi nascono nelle università e coinvolgono il territorio, come è successo nel caso di Urbino Wireless Campus.
Ciò che limita tutti questi progetti, però, è l’eccessiva frammentazione. Lo hanno capito bene a Firenze e a Roma, dove i soggetti promotori del wi-fi pubblico stanno spingendo per allargare i confini delle loro reti per facilitare una navigazione che possa avvenire in autentica mobilità, spostandosi, cioè, da un luogo all’altro. Nel caso di Firenze, ad esempio, dove il Comune copre già una quindicina di piazze e presto creerà una grande zona wi-fi lungo tutto il percorso della linea 1 delle tramvia, la Provincia sta promuovendo l’estensione della copertura anche ad altri comuni.
Un progetto che ha trovato nella Provincia di Roma un ottimo supporto: oggi nella capitale e dintorni sono già più di 500 i punti di accesso ma l’intento, attraverso il progetto Free Italia wi-fi, è quello di “confederare” le reti di altre località e province per permettere ai navigatori di usare il wi-fi con un’unica registrazione in un territorio sempre più ampio. Oltre alle Province di Firenze, Prato e Pistoia, interesse è arrivato anche da quelle di Torino, Potenza, Pesaro, dalla Regione Sardegna e dal Comune di Venezia. Insomma il wi-fi, forse, potrebbe riscrivere una nuova storia dell’unità d’Italia. Ma questa volta il Paese avrebbe il volto di una federazione.