Di tutte le declinazioni quasi infinite dell’e-commerce, quella prodotta dall’industria del lusso è forse la più attinente al concetto: comprare da casa, non perchè sia meglio, non perchè i prodotti siano migliori, non perchè si risparmi del tempo, semplicemente perchè non si ha voglia di uscire, è più comodo, è più ‘esclusivo’, nel senso che si esclude il resto della società borghese dall’esperienza di acquisto di un prodotto assai costoso.
Il Luxury e-commerce è il settore che meglio di altri ha recepito le istanze di esclusività e di privacy insite nello shopping online, infatti sta mutando i suoi connotati alla velocità della luce, anzi, di un click, andando ad esempio verso la ‘contattabilità’ digitale della danarosa clientela. Nel 2014 l’e-commerce ha portato nelle casse dell’industria del lusso il 20% del fatturato totale, uno studio promosso da Exane BNP Paribas e da ContactLab stima che entro il 2020 i ricavi provenienti dal mondo digitale copriranno almeno il 50% del fatturato.
Grazie alla contattabilità digitale, i brand del lusso conosceranno virtualmente ogni loro cliente per nome: i clienti avranno la propria ‘identità digitale’ e saranno contattabili per offerte altamente personalizzate; quindi, un marketing proiettato verso la personalizzazione dell’offerta, ma anche un maggior peso della clientela, che andrà ad influenzare le vendite globali del brand (lussuoso) di turno. Emerge quindi un profilo di utente disinvolto, che si muove tra il fisico e il digitale completamente a suo agio, mettendo in atto il cosiddetto fenomeno del ROPO (Research Online, Purchase Offline); in questo caso sarà la capacità del marchio di facilitare la vita al cliente personalizzando sempre più il servizio, a fare la differenza.