blog-internet e cina-20150205Internet piace sempre meno alla Cina: il più grande bacino di utenti del mondo, si parla di 649 milioni di unità, non ha libero accesso alla Rete, ma viene indirizzato dall’Amministrazione cinese per il cyberspazio in recinti fatti di regole a volte rigide; il governo, in questo periodo, si sta accanendo sui blog e le chat room: gli utenti possono utilizzare, per la registrazione, solamente il proprio vero nome con la promessa, scritta, di non sfidare o comunque danneggiare con i loro post il partito comunista.

Le recenti restrizioni imposte dal governo, non certo le prime da quando è nata la Rete, stanno pian piano scoraggiando gli internauti che, se prima tentavano di aggirare l’ostacolo tramite network virtuali a pagamento che permettevano l’accesso tramite un indirizzo straniero, ora, a causa di controlli sempre più capillari da parte degli organi governativi, trovano bloccato anche l’accesso a Google.

Per far fronte alle numerose e prevedibili critiche mosse dalla Comunità Internazionale, la Cina promuove il concetto di “sovranità su Internet”, in base al quale ogni Stato avrebbe il diritto e il dovere di passare al setaccio qualsiasi informazione pubblicata in Rete all’interno dei propri confini. Ma, davvero Internet può essere considerato proprietà di uno Stato?

In effetti, l’idea di “confine” è molto cara al governo di Pechino, che vieta, ad esempio, l’accesso ai maggiori social network occidentali come Facebook e Twitter; e di riflesso gli utenti, blogger scoraggiati, dirigono il proprio interesse verso dispositivi mobili (di 649 milioni, 557 fanno questa scelta) capaci di ospitare applicazioni di Instant Messaging come WeChat, prodotto del gigante della tecnologia cinese Tencent, che permette agli iscritti di scambiarsi foto, commenti, files, parlarsi, fare giochi, insomma una sorta di “Facebook cinese”.

Le regole imposte da Pechino deprimono gli internauti, Internet è per loro un mondo rischioso e limitato, in sua difesa il governo tenta di spiegare che lo scopo di ogni Stato sia quello di promuovere la sicurezza (dello Stato stesso, ovviamente) e la “decenza”, contro la diffusione “di una cultura volgare”.