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Non tutti conoscono le regole dell’e-commerce, cioè la ricerca di informazione e la compravendita di beni e servizi sul web, a condizioni di acquisto molto vantaggiose rispetto ai negozi tradizionali, senza contare, inoltre, la facilità con cui è possibile procedere all’ordine ed al loro pagamento con buona pace dei commercianti che non hanno potuto fare altro che subire la concorrenza dei negozi virtuali, diventati, negli anni, veri e propri colossi mondiali come Amazon, Ebay e TripAdvisor, contribuendo in maniera determinante alla crisi economica che ha colpito le piccole e medie imprese.

In molti dei casi di acquisto online, le imprese e-commerce hanno sede all’estero e perciò è necessario far riferimento alla normativa giusta per capire quale possa essere a tutela dei consumatori. Vediamone alcune delle più importanti

La definizione della Commissione europea

“Il commercio elettronico ha come oggetto lo svolgimento degli affari per via elettronica. Esso si basa sull’elaborazione e la trasmissione elettronica delle informazioni, incluso testi, suoni e video–immagini. Il commercio elettronico comprende molte attività diverse, quali la compravendita di beni e servizi per via elettronica, la distribuzione in linea di contenuti digitali, il trattamento elettronico di fondi, le contrattazioni elettroniche di borsa, le polizze di carico elettroniche, le gare di appalto e le vendite all’asta, il design e la progettazione in collaborazione, la selezione in linea dei fornitori, il marketing diretto dei beni e servizi per il consumatore, nonché l’assistenza post- vendita”.

Dove si firma il contratto?

L’e-shopping comporta una sede virtuale della contrattazione e della stipula del contratto ed è proprio per questo che si è posto il problema dell’individuazione della norma del paese corretto. I giuristi hanno aggirato l’ostacolo elaborando una dottrina per cui il luogo di stipula del contratto viene deciso in base alla sede del server del provider. Mentre nel caso di una diatriba tra un acquirente italiano ed un venditore straniero, per l’e-commerce vale il criterio del collegamento previsto dall’articolo 57 della Legge 218/1995, la quale fa espresso riferimento alla Convenzione di Roma del 1980, oggi sostituita dal Regolamento CE 593/2008, che disciplina in maniera organica il diritto internazionale privato in materia contrattuale. La Convenzione (art. 3) assegna maggiore rilevanza alla volontà delle parti che possono scegliere la legislazione da applicare, perciò è vivamente consigliato di leggere interamente le condizioni generali di contratto prima di prestare il consenso, potendovi essere inserite delle clausole che rimandano alle disposizioni legislative di un altro Paese. Nel caso in cui le parti non abbiano operato tale scelta, trovano applicazione altri criteri sempre indicati dalla Convenzione.

Il principio del Paese d’origine (Mercato Interno)

Seguendo questo principio, nell’e-commerce tendenzialmente la vendita è regolata dalla legge dello Stato ove si trova il domicilio/sede del venditore. Va evidenziato che questo principio del Paese d’origine si applica solo nelle vendite business to business (B2B). Ad esempio, in caso di contenzioso fra un’ impresa spagnola e un impresa italiana che acquista un prodotto online dal sito web della stessa, troverà applicazione la legge spagnola.

Nel caso in cui le vendite siano business to consumer (B2C) , il principio del Paese d’origine è destinato a cedere il passo al principio della tutela del consumatore. A queste transazioni, ai sensi dell’ art. 5 della Convenzione, a tutela del contraente economicamente più debole, dovrà, in deroga alle regole generali, trovare necessariamente applicazione la legge del Paese in cui il consumatore abbia la sua abituale residenza.